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Autostima. Non è mai troppo tardi

Autostima: sostantivo femminile. Fiducia e stima nei propri confronti. È questa la definizione del vocabolario che tutti possiamo trovare on line. Ma quali sono i veri risvolti psicologici della sua mancanza? Se su Google cercate “autostima” trovate una miriade di pagine che propongono ricette più o meno miracolose per raggiungere un’alta considerazione di sé. Promesse di cambiamenti veloci, una specie di “da macellaio a chirurgo in 5 lezioni”, aspettative subito vanificate perché le radici dell’autostima sono profonde e risalgono ai primi anni di vita. È quello il periodo in cui ognuno di noi inconsapevolmente costruisce il sé adulto. Parte da lì, da quella zona della nostra vita che è quasi senza memoria, dove i nostri genitori e le persone che abbiamo avuto come riferimento sono state per noi fonte inconsapevole di costruzione della stima di sé. Il bambino che siamo stati ha interagito con gli adulti da cui ha ricavato una valutazione o meglio così gli è sembrato. Quel bambino disponeva di strumenti semplici e valutava se stesso attraverso il giudizio dell’adulto che lo accudiva. Ecco che il “Bravo!” dei genitori o della maestra viene considerato come una valutazione di sé meritevole d’amore, mentre un “Sei cattivo…” diventa una valutazione negativa. La prima condizione genera una buona autostima, la seconda no. Il bambino utilizza l’adulto come metro della propria capacità e si considera meritorio o non meritorio d’amore perché giudicato bravo o meno bravo, creando in quel momento il substrato per la sua autostima. Questo non significa che per creare una buona autostima dobbiamo sempre valutare positivamente i nostri figli, significa che dobbiamo accompagnarli nella crescita e nella comprensione di se stessi di modo che non cadano nel cortocircuito mentale che li porta a pensare di essere “sbagliati”. Una convinzione certamente erronea ma che si sedimenta nella parte di noi più profonda basata sul desiderio di essere all’altezza dell’amore dell’adulto che ci sta vicino. Dall’amore meritato, quello che percepiamo essere meritato, nascono le aspettative sul nostro operato e le aspettative possono essere di successo “Ce la farò perché sono in grado…” o di insuccesso “Non ce la farò mai” oppure “Non sono in grado di farcela perché non sono all’altezza”. Il tutto viene poi aggravato dal nostro cervello che, per struttura e per sostanza, cerca le prove a sostegno di quello che pensiamo, anche rispetto a noi stessi. Loop mentali, voli pindarici senza concretezza, lanci senza paracadute da una base affettiva percepita positivamente o negativamente che ci fanno atterrare in zone sicure o meno sicure del nostro essere creando una buona o una pessima stima di noi stessi. Ma una soluzione c’è, non certo quelle offerte dalle allettanti pagine di Google che promettono tutto e subito, ma dall’analisi profonda di noi stessi. L’EMDR è una di queste, dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, (desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari), una tecnica psicoterapica riconosciuta tra le più efficaci che può indagare quei voli pindarici di quel bambino che ha contribuito a costruire l’adulto che siamo, un adulto spesso insicuro, emotivamente fragile, che si denigra, che non ne combina mai una giusta. Un adulto che non porta avanti le proprie idee, ansioso, cedevole prima di altri, che non crede in se stesso, che diventa affettivamente dipendente, che ha un cattivo rapporto con il cibo, è depresso, un eterno indeciso che si sente inferiore e quindi rimane ai margini della società finendo per chiudersi in casa oppure diventando estremamente aggressivo. Un adulto che si vuole bene può uscire da questa condizione semplicemente rivolgendosi ad un terapeuta qualificato.